Eremi e Santuari di Celestino V

  

Gli eremi, come da definizione, sono principalmente dei luoghi isolati, spesso di difficile accesso. Sotto una luce religiosa, e strettamente cristiana, essi rappresentano dei luoghi in cui l’eremita o l’asceta, cerca il diretto contatto con Dio attraverso il silenzio, l’isolamento ed il decadimento che questi luoghi possono offrire. Non esistono distrazioni negli eremi, tutto è inteso come ricerca di se stessi attraverso l’assoluto.

L’Abruzzo, grazie alla particolare forma delle sue montagne, rappresentò un luogo ideale per la nascita degli eremi. Difatti se ne possono contare circa 100, la maggior parte dei quali si trovano soprattutto nella Majella. Tra questi, quelli che andremo ad analizzare oggi saranno quelli definiti Celestiniani.

PERCHÉ EREMI CELESTINIANI? 

Celestino-V

Vita di Papa Celestino V.

Pietro da Morrone, divenuto poi papa Celestino V, sin da giovane, aveva mostrato una profonda preferenza per l’ascetismo e la solitudine. Difatti già nel 1239 si ritirò in una caverna sul Monte Morrone. Dopo qualche anno si trasferì a Roma, dove ricevette i voti sacerdotali. Nel 1241 ritorno sul monte Morrone, occupando un’altra grotta, nei pressi della chiesetta di Santa Maria di Segezzano. Nel 1246 lasciò anche questa grotta per trasferirsi sui monti della Majella, in Abruzzo. Questo eremitaggio fu interotto solo nel 1244 quando fondò un ordine ramo dei benedettini (solo in seguito venne definito un ordine  celestiniano), riconosciuto poi da papa Gregorio X. Sede di questo ordine era l‘Eremo di Sant’Onofrio al Morrone, luogo preferito dal futuro papa. Il futuro di Pietro da Morrone, nonostante il suo sempre maggior distacco dall’ambiente circostante, ha in serbo una sorpresa. La sua fama di santità lo porta infatti ad essere eletto papa, con il nome di Celestino V, il 5 luglio 1294. Oggi le sue spoglie sono temporaneamente conservate nella basilica di San Giuseppe Artigiano a L’Aquila, in attesa della fine del restauro della Basilica di Collemaggio, sempre a L’Aquila, fortemente danneggiata dal terremoto del 2009.

Madonna dell’Altare

Comune: Palena (CH)       Località: Monte Porrara, a circa 1280 m s.l.m.

Struttura: Posto su uno strapiombo preceduto da un cortile recintato su tre lati, ha l’aspetto di una piccola rocca. Il complesso è costituito dalla chiesa, da un nucleo abitativo molto articolato ed elegante e da un giardino pensile ricavato sulla rupe.
Un lungo corridoio esterno, che si affaccia su una balconata, conduce fino all’ingresso del piazzale antistante il complesso, costituito da un semplice portale con arco a tutto sesto.
La chiesa presenta un prospetto a coronamento orizzontale con, al centro, un portale architravato sormontato da una finestra a lunettone.
Internamente la chiesa, ricostruita in epoca moderna, presenta un impianto rettangolare con copertura irregolare.
Il settore abitativo, posto sul lato destro della chiesa senza soluzione di continuità, si sviluppa su tre piani.

Storia e tradizioni: Il santuario è costruito nei pressi della Taverna, la grotta presso cui Pietro da Morrone sostò tra il 1235-1238. Il toponimo deriva dalla forma della roccia su cui la struttura è costruita. Probabilmente la costruzione della struttura risale al XIV secolo e fu voluta dall’ordine dei Celestini in ricordo del suo  fondatore.
Essi dimorarono nel santuario fino al 1807 ponendosi come centro attrattivo per tutti i fedeli dei comuni vicini. Per duecento anni la famiglia Perticone di Palena gestì il santuario non senza problemi.
Durante l’ultima guerra fu trasformata dall’esercito tedesco in carcere. Nel 1970 fu donata dalla nobile famiglia al Comune. In molte occasioni i pellegrini arrivavano all’eremo trascorrendovi la notte.
Attualmente vi si giunge il 2 luglio e 12 settembre per la festa della Madonna dell’Altare e il 15 di agosto per la festa di San Falco di Palena. L’eremo resta chiuso dal 21 novembre fino alla Pentecoste.

Si raggiunge: in auto, oppure con i sentieri I1 e I2

Informazioni per la visita: Museo dell’Orso marsicano – Tel. 339.8629165

Immagine dell'esterno della Madonna dell'Altare
Immagine della Madonna dell'Altare

Eremo/grotta S. Angelo di Lama dei Peligni

Comune: Lama dei Peligni (CH).

Località: Alta Valle di S. Angelo, a circa 1260 m s.l.m.

Struttura: Ampio androne largo circa 20 m all’ingresso con poche tracce superstiti di muratura che permettono di ricostruirne a grandi linee la struttura originaria.
La parte frontale della grotta era interamente chiusa, con un unico accesso al centro, mentre l’interno era costituito da due ambienti di diversa grandezza. Il primo, che conserva ancora i resti di un piccolo altare sormontato da un’edicola lignea, costituiva la zona presbiteriale del complesso, come testimonia anche la presenza di un’acquasantiera scavata nella roccia della parete d’ingresso; il secondo ambiente, di dimensioni più piccole, era il nucleo abitativo dell’eremo.

Storia e tradizioni: La prima attestazione certa risale al 1447.
Nella parte relativa a Lama del “Registro dei fuochi del Regno di Napoli” è menzionata una tale Margarita concubina prioris Sancti Angeli de monte (“Margherita, concubina del priore di S. Angelo del Monte”).
L’intitolazione a S. Michele Arcangelo fa presupporre, tuttavia, una fondazione altomedievale. Nel 1838 il luogo viene menzionato nei Decreti della Prima Santa Visita di G.M. Saggese, vescovo di Chieti.
Secondo una tradizione locale, nel 1656, per sfuggire alla peste, vi si rifugiò il ricco notaio De Camillis; un secolo dopo, il ritrovamento di uno stivale pieno di monete d’oro provocò la distruzione delle mura da parte degli abitanti del luogo alla ricerca di un eventuale tesoro.

Si raggiunge con il sentiero: Sentiero non segnato che ha inizio nei pressi dell’Area Faunistica del Camoscio (di prossima segnatura).

Informazioni per la visita: Centro di Visita di Lama dei Peligni – Tel. +39.0872.916010

Immagine dell'esterno di S. Angelo di Lama dei Peligni
Immagine di S. Angelo di Lama dei Peligni

Monastero di S. Martino in Valle

Comune: Fara San Martino (CH).

Località: Vallone di S. Spirito, a circa 500 m. s.l.m.

Struttura: Probabilmente il monastero sorse su un insediamento eremitico costituito da una cella scavata nella roccia.
La struttura, riportata alla luce recentemente, ha subito dal IX al XVIII continui rifacimenti. Sono visibili i resti del cancello di accesso e un cortile interno dal quale si accede ad un portico originariamente a tre arcate sorrette da quattro colonne con capitelli a foglia.
Sul lato nord del portico c’è un campanile a vela, ristrutturato nel Settecento, mentre il portale della chiesa è del XIII sec.
L’interno è diviso in tre navate dalla planimetria irregolare e presenta una pavimentazione a lastre di pietra nella zona presbiteriale, dove si trovano anche dei sedili in muratura che dovevano formare il coro. Dalla navata centrale si passa a quella settentrionale attraverso un muro a tre arcate sul quale sono presenti tracce di affreschi; da questo lato di accede all’ambiente più antico della chiesa, interamente scavato nella roccia, dove sono conservate due colonnine datate 1411.

Storia e tradizioni: Attestato per la prima volta nell’829 tra i possedimenti del monastero di Santo Stefano in Lucania ubicato tra Atessa e Tornareccio.
Qualche anno prima San Martino era stato donato da Pipino, figlio di Carlo Magno, al monastero di Santo Stefano come testimonia una conferma dell’imperatore Lotario dell’ 832.
L’intitolazione al vescovo di Tour fa pensare ad una fondazione di origine franca. Il monastero è tra le rendite del vescovo di Spoleto nell’844, ma subito dopo risulta tra i possedimenti cassinesi di San Liberatore a Maiella.
Nel 1172 è tra i possedimenti della diocesi teatina e nel 1221 Onorio III concede al monastero la protezione pontificia. I contrasti tra i monaci ed i vescovi teatini durarono a lungo e nel 1451 il monastero venne soppresso e i suoi beni devoluti al Capitolo Vaticano.

Si raggiunge con il sentiero: H1

Informazioni per la visita: Centro di Visita di Fara S. Martino – Tel. +39.0872.980 970 – +39.339.2615405
Email: info@remove-this.laportadelsole.eu

Immagine dell'interno del monastero di S. Martino in Valle
Immagine del monastero di S. Martino in Valle

Eremo di S. Onofrio del Morrone

Comune: Sulmona (AQ).

Località: Morrone, a circa 620 m. s.l.m.

Struttura: Un lungo terrazzo dà accesso al complesso, restaurato dopo l’ultima guerra. La chiesa ha un impianto rettangolare ad aula con soffitto ligneo quattrocentesco.
Sulla parete sinistra, in alto, vi sono due affreschi del XV sec. raffiguranti il Cristo Re e San Giovanni Battista. Sulla parete di fondo è la parte più antica dell’eremo: a sinistra un arco dà accesso ad un piccolo oratorio, a destra un corridoio dà accesso a due piccoli ambienti, identificati con le cellette di Pietro del Morrone e di Roberto da Salle.
Gli affreschi che ornano l’oratorio – una Crocifissione, una Madonna con il Bambino e i busti di San Mauro e Sant’Antonio ai lati di San Benedetto – sono tradizionalmente attribuiti a Gentile da Rocca (seconda metà del sec. XIII), ma studi recenti mettono in dubbio tale attribuzione.
Nella parete sinistra è un’immagine di Celestino V (sec. XIV) rappresentato in vesti papali e con la palma del martirio. Al di sotto della chiesa è la Grotta di Pietro che presenta intatta, sul fondo, l’impronta nella roccia che, secondo la tradizione, rappresenta il luogo in cui Pietro era solito coricarsi.

Storia e tradizioni: Quasi certamente l’eremo fu ristrutturato e non fondato da Pietro del Morrone. Secondo i biografi, fra Pietro si fece sistemare una cella sopra al monastero di S. Spirito di Sulmona e vi si trasferì nel giugno del 1293. In quell’occasione gli abitanti di Sulmona e Pacentro gli tributarono onori e gli offrirono doni; fra Pietro scese al monastero di S. Spirito e celebrò una messa su un palco allestito all’aperto.
Nel luglio 1294 i messi papali si inerpicarono lungo il sentiero che saliva dal monastero di S. Spirito e raggiunsero l’eremo per annunciare a fra Pietro la sua elezione al soglio pontificio. Dal Trecento in poi se ne perdono le tracce nelle fonti.

Si raggiunge con il sentiero: S (sentiero dello Spirito)

Informazioni per la visita: Centro Informazioni di Pacentro – Tel. +39.0864.41304 – +39.349.8474470
Email: lastellaalpina@remove-this.virgilio.it

Immagine di un affresco in S. Onofrio al Morrone        Eremo-SantOnofrio-al-Morrone
Immagine dell'interno a S. Onofrio al Morrone

S. Angelo di Palombaro

Comune: Palombaro (CH)

Località: Sant’Agata d’Ugno, a circa 750 m s.l.m.

Struttura: Il riparo ha un ingresso largo circa 35 metri ed è parzialmente chiuso all’interno da una formazione rocciosa.
Ad una parete si appoggiano i resti della chiesa: due tratti di mura e un’abside semicircolare. Le pareti sono realizzate in conci di pietra squadrata; una fila di archetti pensili corona un tratto di mura e l’abside, che presenta una cornice con cordonature a tortiglione.
La chiesa ha una pavimentazione scoscesa ed irregolare costituita da una formazione rocciosa. Dedicata a S. Angelo, la chiesa fu costruita probabilmente tra XI e XII secolo, come attesta il sistema decorativo architettonico assimilabile a quello presente in S. Liberatore a Maiella.
Attualmente l’edificio è totalmente spoglio, ma le testimonianze ricordano che fino agli anni Trenta era presente un altare e due nicchie con statuine di santi. Nella parete della grotta antistante la chiesa e su di uno sperone posto all’ingresso dell’androne, sono scavate quattro vasche di raccolta dell’acqua.

Storia e tradizioni: L’unica notizia sul complesso è presente in una bolla datata 1221 di Onorio III il quale conferma l’appartenenza delle chiese di S. Angelo e S. Flaviano di Palombaro al monastero di S. Martino in Valle.
La chiesa sarebbe sorta dove un tempo si trovava un tempio dedicato a Bona, dea della fertilità. Le donne vi si recavano e bagnavano le mammelle con l’acqua della grotta al fine di favorire l’abbondanza di latte, in epoca cristiana questo culto fu sostituito con quello di S. Agata, patrona delle puerpere; in seguito la titolazione a S. Agata fu sostituita con quella a S. Angelo. Quest’ultima dedicazione, insieme alla presenza dell’acqua e della costruzione dell’edificio all’interno di una grotta, rendono altresì plausibile la presenza del culto micaelico.

Si raggiunge con il sentiero: N° 8

Informazioni per la visita: Centro di Visita di Fara S. Martino – Tel. +39.0872.980 070 – +39.339.2615405
Email: info@remove-this.laportadelsole.eu

Immagine dell'interno della Grotta di Sant Angelo di Palombaro
Immagine della Grotta di Sant Angelo di Palombaro

EREMO SANTO SPIRITO A MAIELLA

Eremo-Santo-Spirito-a-Majella

Eremo/monastero di S. Spirito della Maiella

Comune: Roccamorice (PE).

Località: Vallone di S. Spirito, a circa 1130 m s.l.m.

Struttura: Articolato complesso di edifici addossati ad una parete rocciosa. La parte bassa comprende la chiesa, la sagrestia ed un settore abitativo.
La chiesa, fatta ricostruire alla fine del Cinquecento da Pietro Santucci da Manfredonia, presenta una navata unica suddivisa in quattro campate con altari laterali. Le prime due campate hanno una copertura a botte, la terza una copertura cupolata, l’ultima una copertura a crociera costolonata risalente all’impianto tardo-duecentesco dell’edificio unitamente ai due peducci angolari a fogliami dell’ultima campata a destra.
Al di sotto della chiesa si trova il nucleo più antico, l’eremo, costituito dalla stanza del Crocifisso, dove secondo la tradizione fra Pietro era solito pregare, e dal giaciglio dell’eremita. Al di sotto del settore abitativo cinquecentesco vi sono cinque piccoli vani, le cellette dei primi compagni di Pietro.
La seconda zona è formata da ciò che resta del monastero cinquecentesco, con locali di servizio al pianterreno (cucina, dispensa, forno, ecc.) e camere ai piani superiori.
La terza e ultima parte è costituita dalla foresteria, detta anche Casa del Principe, realizzata nella seconda metà del Seicento per volontà di Marino IV Caracciolo. Quasi di fronte ad essa è posta la Scala Santa che conduce all’oratorio della Maddalena.

Storia e tradizioni: Fondato da fra Pietro del Morrone nel quinto decennio del XIII secolo. Nel 1263-1264, l’eremo di S. Spirito della Maiella riceve la protezione apostolica da Urbano IV e viene incorporato all’Ordine di S. Benedetto.
Dal 1275 al 1293 è la “casa madre” dell’Ordine di S. Spirito della Maiella (poi Ordine dei Celestini). Progressivamente abbandonato nel Trecento, viene ricostruito per iniziativa dell’abate Pietro Santucci da Manfredonia (1586-1641) ed ottiene il titolo di Badia.
Nel XVII sec., il nobile Marino IV Caracciolo vi si ritira facendovi costruire un edificio (“la casa del principe”), in seguito trasformato in foresteria.
Soppresso l’Ordine dei Celestini nel 1807, il monastero di S. Spirito viene definitivamente abbandonato. Il 29 agosto, festa della decollazione di s. Giovanni Battista, vi si celebra il rito del “Perdono”: chi si confessa e si comunica lucra l’indulgenza plenaria.

Si raggiunge con il sentiero: S (sentiero dello Spirito)

Informazioni per la visita: Centro Informazioni di San Valentino A.C. e Centro di Visita di Caramanico Terme – Tel. +39.085.922343
Email: info@remove-this.majambiente.it

Immagine dell'esterno del S. Spirito a Majella
Immagine della scalinata del S. Spirito a Majella

EREMO SAN BARTOLOMEO IN LEGIO

Eremo-San-Bartolomeo-in-Legio

Situato a poca distanza dall’eremo di Santo Spirito a Majella, l’eremo di San Bartolomeo è di certo quello più suggestivo. Difatti percorrendo il sentiero che porta ad esso, l’eremo compare senza alcun preavviso, con una maestà che lascia il visitatore senza fiato.

La struttura, risalente all’XI secolo, fu restaurata dal futuro papa Celestino V nel 1250. Qui di certo Pietro Celestino dovette dimorare tra il 1274 ed il 1276. Per accedere all’eremo è necessario utilizzare una scala interamente scavata nella roccia, la cosiddetta scala santa. Esso è costituito da una cappella scavata nella roccia, mentre la facciata, con il suo semplice portale in pietra presenta dei residui di affreschi, purtroppo fortementeraffigurato con in mano un coltello, a simboleggiare il martirio dello scorticamento a cui fu sottoposto.

Secondo la tradizione, il 25 agosto, i pellegrini partecipano ad una messa in onore del santo, celebrata all’alba, all’interno dell’eremo. Da qui, in processione, il santo viene portato lungo il torrente Capo la Vena, dove i pellegrini si bagnano, sempre seguendo la tradizione, per poi concludere il rito nella chiesa di Roccamorice, dove il santo resta sino al 9 di settembre.

Tombe rupestri di S. Liberatore

Comune: Serramonacesca (PE)

Località: Lungo il fiume Alento, a circa 330 m s.l.m.

Struttura: Attraverso un sentiero che dal piazzale antistante la chiesa di S. Liberatore a Maiella giunge fino alla riva del fiume Alento è possibile raggiungere il complesso delle tombe rupestri di S. Liberatore.
Questo si compone di una parete lunga circa 20 metri in cui sono collocate tre tombe scavate nella roccia, una piccola nicchia e una cappellina. Le tombe sono del tipo ad arcosolio, utilizzate nelle catacombe cristiane soprattutto dai ceti nobili. Questo genere di sepoltura può ritenersi non successiva al X secolo.
Proseguendo lungo la parete e attraversando una piccola cappella che racchiude una vasca con funzione di acquasantiera, tre gradini portano ad un podio, su cui doveva poggiare una statua. Sulla parte retrostante del podio sono visibili resti di affreschi illeggibili a causa dell’umidità.

Storia e tradizioni: Sulla storia di questo complesso non sono giunte notizie fino a noi. È comunque possibile ipotizzare, vista la vicinanza con la chiesa di S. Liberatore, che un gruppo di eremiti vivesse nella zona intorno all’VIII–IX secolo e utilizzasse il complesso rupestre come luogo di culto.
Vi seppellirono i loro morti finché il gruppo divenne più grande ed organizzato e il complesso perse la sua funzione pur restando un luogo sacro. Il complesso era probabilmente dedicato a San Giovanni. Infatti, come si evince dalla toponomastica locale il luogo viene chiamato ancora San Giuannelle.

Si raggiunge con il sentiero: N° 5

Informazioni per la visita: CEA Grande Faggio – Tel. +39. 0871.898143 – +39. 335.5995995
Email: info@remove-this.ilgrandefaggio.it

Immagine panoramica sulle tombe rupestri
Immagine di una tomba rupestre
Immagine delle tombe rupestri

EREMO SAN GIOVANNI ALL’ORFENTO

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L’eremo di San Giovanni all’Orfento, si trova sempre sui monti della Majella, all’interno del comune di Caramanico Terme.

Fu frequentato da Pietro da Morrone tra il 1284 ed il 1293. Da scavi archeologici effettuati nel 1995, si è dimostrato come gran parte degli ambienti del monastero fossero già esistenti ai tempi pL’accesso a quest’eremo è, senza dubbio, quello più impervio, difatti per accedervi è necessario chiedere una autorizzazione al Comando della Stazione Forestale di Caramanico. Per poterlo così visitare è necessario percorrere una scala composta da circa 20 scalini, lunga 8 metri, seguita poi da un sentiero scavato nella roccia. Tale sentiero è talmente piccolo da costringere il visitatore, in alcuni tratti, a camminare a carponi. Giunti all’eremo si entra in una stanza composta da due piccoli ambienti dotati di numerose nicchie ed un piccolo altare.

Abbazia di S. Spirito del Morrone

Comune: Sulmona (AQ)

Località: Badia, a circa 360 m. s.l.m.

Immagine di S. Spirito al Morrone

Struttura: Sorto nella seconda metà del XIII secolo, è oggi il risultato di diverse fasi costruttive e di una sostanziale ricostruzione avvenuta dopo il terremoto del 1706. La struttura ha una pianta quadrangolare circondata da una cinta muraria, con quattro torrioni ottocenteschi a base quadrata posti agli angoli, ed è articolato attorno a tre cortili maggiori e due minori.
Il settecentesco portale d’ingresso immette nel Cortile dei Platani, in fondo al quale è la chiesa e dal quale si dipartono gli accessi agli ambienti che in origine costituivano il complesso monastico (dormitorio, refettorio, ecc.).
La chiesa ha una facciata d’ispirazione borrominiana, una pianta a croce greca con l’asse longitudinale leggermente allungato e, all’incrocio dei bracci, una copertura a cupola con tiburio.
A sinistra del presbiterio c’è la Cappella Cantelmo-Caldora, o dell’Ecce Homo, con il monumento funebre di Restaino Caldora-Cantelmo realizzato dal tedesco Gualtiero d’Alemagna nel 1412, mentre, sulle pareti, sono affrescati alcuni episodi della Vita di Cristo realizzati da una bottega di Subiaco.
Al di sotto della zona presbiteriale è collocata una struttura ipogea, la cripta, identificata erroneamente con la chiesa di S. Maria del Morrone. Essa ha un impianto irregolare costituito da colonne reggenti archi a tutto sesto che individuano una serie di campate a copertura voltata con scarse tracce di decorazione trecentesca, limitata alle fasce decorative di volte e capitelli e ad un affresco raffigurante Pietro del Morrone che dispensa la regola.
Di grande pregio è la decorazione monocromo del refettorio, realizzata dal monaco Joseph Martinez tra il 1717 e il 1719, con soggetti tratti dalle Storie bibliche, con episodi della vita di Pietro Celestino e con le Virtù.

Storia e tradizioni: Il monastero è attestato per la prima volta nel biennio 1289-1290. Nel 1293 diventa la nuova casa madre dell’Ordine fondato da Pietro del Morrone. Soppresso nel 1807 ed adibito a penitenziario.
Oggi ospita gli uffici della Soprintendenza BSAE Abruzzo e del Parco Nazionale della Majella.

Si raggiunge: in auto dalla frazione Badia di Sulmona (AQ)

Informazioni per la visita: Soprintendenza BSAE Abruzzo – Tel. +39.0864.32849 (digitare interno 1 o 4)

Immagine della facciata di S. Spirito al MorroneImmagine del panorama di S. Spirito al Morrone